IL CARRETTO SI PREPARA ALLA BATTAGLIA

Achille-Nicolò Belliti prima delle prove (foto di Valentina Pierucci)

Achille-Nicolò Belliti prima delle prove (foto di Valentina Pierucci)

Arriviamo a Cascina e vogliamo già sparire. Quindici teste, su per giù, si voltano verso di noi. Maria Grazia Cipriani e Graziano Gregori stavano parlando alla compagnia, bivaccata sulle assi del palco, e noi li abbiamo interrotti. Capiamo subito che non è aria ma è già troppo tardi: “Oggi non era davvero giornata” ci fulminano, e noi ci sediamo quatti quatti sulle poltroncine laterali cercando di diventare un tutt’uno con il velluto rosso, tanto il colore è quello.

“Ma dove eravate?” sbraita Graziano a un paio di guerrieri che sono appena entrati in scena, evidentemente in ritardo. Achille chiede a Graziano cinque minuti per truccarsi “Cinque? Un minuto ci vuole per truccarsi!” Gli altri si aggiustano le tuniche bianche, indossano corazze ed elmi: guerrieri del palcoscenico che si preparano alla battaglia. Stanno mettendo a punto le luci. La scena è quella dell’uccisione di Patroclo. In tre lo agganciano alla cintura e lui cade in ginocchio come un burattino, mentre dalle mura di Troia appare Ettore pronto a sferrargli il colpo di grazia.

Tutto sembra funzionare, ma la luce non è quella giusta.

Dai Luca concentriamoci, questo non è niente, questo non è un cazzo di niente!

Luca risponde da un punto lontano alle nostre spalle, dall’iperuranio della consolle, scorre il copione, confronta gli appunti, si torna indietro, si riprova e finalmente appare la luce giusta: ma fra gli attori, che voltano la testa dal palco alla consolle come in una partita di ping pong, la tensione si taglia con il coltello.

Scena successiva, scena del combattimento: riecheggiano i tamburi, la coreografia è ritmata, primordiale. Appare in scena l’Aquila, creatura ferina dalle ali di pipistrello, geniale marchingegno di cui perfino Da Vinci sarebbe fiero a cui è appesa un attore: l’uomo e la macchina si muovono insieme, in perfetta sincronia, l’aquila s’abbassa e con il becco rapace artiglia il cadavere-pupazzo e mentre s’alza il vento, trascina via il fiero pasto. Questa scena è un quadro, un’illustrazione degli omerici campi di battaglia. A completare il quadro, stagliata contro la luce dorata, una silhouette nera con le braccia ai fianchi e un rivolo di fumo che sale piano.

Prove di Iliade (foto di Elena Modena)

Prove di Iliade (foto di Elena Modena)

Maria Grazia è alla quarta, forse alla quinta sigaretta: “Il vento è troppo alto qui, non senti Luca? C’è un testo bellissimo, non può essere coperto dal vento”.

Non può sovrastare le bellissime parole della traduzione del Monti che lei, venticinque anni fa, ha pazientemente scelto per assemblare il testo della sua creatura teatrale. “Come il rumore della pecora trascinata via, a me dà noia. Ma magari voi nemmeno ci avete fatto caso…”.

Si volta, dice a noi, proprio a noi che cercavamo di sparire. Si avvicina e si scusa, sapete, l’ansia del debutto imminente, scusate se non siamo disponibilissimi per voi, ecco. Noi non sappiamo che dire, ma no, scusi lei, siam noi che stiamo qui in mezzo alle scatole, noi vogliamo solo osservare, perché vedervi lavorare è meraviglioso, ma sorridiamo e scuotiamo la testa, e non diciamo nulla.

E poi tutto da capo. Il Proemio: la pecora e l’agnello sono in scena. I minuti passano.

“Allora?? Massimiliano, Luca, ci siete?” Graziano chiama a raccolta la sua falange di tecnici.

Si ricomincia: l’ira di Achille, la preghiera di Teti, il concilio deorum, Patroclo superbo, gli agnelli sgozzati in battaglia, la vestizione del guerriero mentre lontano riecheggiano i tamburi della guerra, la marcia, gli dèi pupazzi che guidano gli eroi possenti, il lamento d’Andromaca.

Graziano osserva tutto questo seduto dietro di noi, a una dozzina di file dal palco. Di tanto in tanto dà un tiro di sigaretta, aggiusta il pullover sulle spalle, appoggia la guancia sulla mano. Imperscrutabile. Maria Grazia invece è seduta al desk di lavoro appena sotto le assi del palco, appunta tutto sui fogli. L’espressione di Graziano è indecifrabile, ma i suoi occhi attenti registrano tutto e alla fine, con maniacale precisione, elenca tutte le sbavature, le stonature, ogni minimo ingranaggio inceppato.

Ora sono di nuovo tutti seduti in cerchio, come quando siamo entrati, visibilmente stanchi, con le sigarette fra le labbra e le felpe infilate distrattamente sopra i costumi. Nenè è seduta in disparte, rammenda il costume.

…Non c’è energia ragazzi, non c’è energia nella scena del combattimento

“Voi confondete l’energia con l’impeto, ma non è la stessa cosa.” Maria Grazia parla con le palme appoggiate al palco.

“Comunque non vorrei sembrare troppo duro con voi”, conclude Graziano, suscitando le risate di Maria Grazia, che per rassicurarli dice: “Comincia a compattarsi, mi sono ritrovata con la bocca aperta, il che è positivo…e voi?” Si volta di nuovo verso di noi, stavolta si voltano tutti, vogliono sentire la nostra opinione ma noi sembriamo scolaretti di quarta elementare all’interrogazione: come si fa a parlare a Cipriani del suo spettacolo? Poi si avvicina, insieme a Ettore, quasi di soppiatto: sono realmente curiosi di sentirci.

“Grazie”, ci dicono alla fine, e sono sinceri. Lo prendiamo come un congedo. Grazie a voi.

Beatrice Manca

Cascina (PI), Città del Teatro, 8 ottobre 2013

Una risposta a “IL CARRETTO SI PREPARA ALLA BATTAGLIA

  1. Pingback: LA VESTIZIONE DEGLI EROI: PERCHÈ SU QUEL PALCO C’È DAVVERO OMERO | Verso Troia·

Lascia un commento